I cugini D’Anna e quel riferimento ai mandanti esterni della Strage di Capaci
Scritto da Francesco Cipriano
25 febbraio 2025
Parlavano senza filtri convinti di essere al sicuro e invece le loro parole sono finite nelle intercettazioni dei Carabinieri. I cugini Alfonso e Salvatore D’Anna, arrestati nell’ultimo blitz antimafia, discutevano della strage di Capaci e dei suoi misteri.
Entrambi figli di due storici boss vicinissimi a Gaetano Badalamenti, coinvolti più volte in inchieste di mafia e puntualmente assolti nonostante le dichiarazioni di diversi pentiti che li indicano come mafiosi, secondo la Procura di Palermo i due mantengono ben saldo il potere a Terrasini, controllando appalti, dirimendo litigi, decidendo chi poteva aprire un supermercato, chi far assumere e a chi assegnare lavori edili.
Proprio secondo Salvatore D’Anna il responsabile della strage di Capaci è stato sì “quel nano corto che ha consumato un mondo”, ovvero Totò Riina, ma quel delitto sarebbe stato un favore fatto dal capo dei capi.
Un chiaro riferimento ai mandanti esterni alle stragi del 1992.
L’intercettazione
È il 4 luglio 2024 e i due cugini si riuniscono presso un magazzino di proprietà di Alfonso. Non sanno di essere ascoltati dai Carabinieri in quella che sarà un’intercettazione chiave dell’inchiesta.
Quel giorno devono discutere di una lite tra il fratello di un associato e un imprenditore a loro vicino. Parlano anche della tangente che si aspettano di ricevere da un imprenditore per il rifacimento del lungomare Peppino Impastato.
E tra un discorso e un altro, spunta fuori un riferimento alla Strage di Capaci e ai mandanti esterni.
Dice Alfonso D’Anna al cugino: “Arriverà un tempo che si sapranno, lo diranno a Falcone chi lo ha fatto ammazzare”.
“No, quello che lo ha fatto ammazzare è stato... quel maledetto nano corto che ha consumato un mondo…” risponde Salvatore D’Anna.
“Sì, lui lo ha fatto questo…” dice Alfonso.
“Lui lo ha fatto, ma perché lo ha fatto e a chi ha fatto il favore lo nascondono…” conclude Salvatore.
Mandanti esterni
Il 23 maggio 1992, cinquecento chili di tritolo fecero saltare in aria l’autostrada A29 allo svincolo di Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Schifani, Dicillo e Montinaro.
Un delitto che proprio per le circostanze della sua esecuzione - sia tecnica che strategica - si inserisce in una determinata strategia collocata a sua volta in un periodo storico di cambiamenti epocali su cui non è stata mai fatta chiarezza.
A trentatré anni dalla strage di Capaci, il mistero sui cosiddetti mandanti esterni che divide magistratura, giornalisti e storici, sembra essere chiara in Cosa Nostra: sono diversi i pentiti che parlano di interessi esterni all’orgnizzazione, di un favore fatto dal capo dei capi Salvatore Riina verso persone o entità mai identificate con certezza.
Non solo mafia, quindi.
E così sembrano pensarla pure i cugini D’Anna di Terrasini.