Torretta, 1946: mitragliatrici e cannoni contro i banditi
Scritto da Francesco Cipriano
Durante una recente ricerca d’archivio è emerso un episodio poco noto ma significativo avvenuto nei pressi di Torretta, in località Piano dell’Occhio, nell’ aprile 1946. A riportarlo è un articolo dell’epoca pubblicato sul Corriere Italiano del 25 aprile 1946, che descrive con precisione un violento scontro tra le forze dell’ordine e un gruppo di fuorilegge.
Il fatto si colloca nel pieno di un periodo complesso e instabile: la Sicilia del 1946 era attraversata da forti tensioni sociali, politiche e istituzionali. L’Italia non aveva ancora votato per scegliere tra monarchia e repubblica – il referendum sarebbe arrivato solo a giugno – e lo Stato centrale faticava a riprendere il controllo del territorio dopo vent’anni di fascismo e cinque di guerra. In molte zone interne dell’Isola erano frequenti episodi di banditismo, spesso legati a reti locali di criminalità organizzata, a tensioni agrarie o a formazioni separatiste armate.
Nei giorni immediatamente precedenti il 25 aprile 1946 due camionette dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza della Sicilia, provenienti da Palermo, giunsero al bivio per Torretta, in località Piano dell’Occhio. A bordo si trovavano undici persone tra sottufficiali, agenti e alcuni detenuti accusati di reati comuni, in trasferimento verso il carcere.
A quel punto il convoglio venne attaccato da un gruppo di banditi appostati ai margini della strada. Secondo quanto riportato, i fuorilegge utilizzarono armi automatiche, mitragliatrici e bombe a mano, scatenando un conflitto a fuoco con i poliziotti.
In quegli stessi giorni - come riporta un altro articolo nello stesso quotidiano - si stava svolgendo a Montelepre un rastrellamento contro il banditismo e le forze dell’ordine che avevano scelto come quartier generale la casa del bandito Salvatore Giuliano.
Avvisata dell’attacco, la Legione dei carabinieri inviò rinforzi: due colonne, una formata da carabinieri, l’altra da reparti di fanteria delle divisioni “Garibaldi” e “Folgore”. La colonna dei carabinieri fu la prima a entrare in contatto con i banditi, ingaggiando un combattimento serrato.
Poco dopo le 14, nuove unità militari, dotate anche di cannoncini, giunsero sul posto. A dirigere le operazioni fu inviato un colonnello dei carabinieri. Sotto la pressione crescente delle forze dell’ordine, i banditi furono costretti a ritirarsi dalla zona del costone fino alla cresta della collina.
Un reparto del 5° Reggimento Fanteria riuscì a spingersi oltre, ma fu minacciato di accerchiamento. Intervenne quindi il 130° Fanteria, che, con il supporto del fuoco di cannoncini leggeri, riuscì a liberare il reparto accerchiato.
Durante le operazioni furono notate tracce di sangue sul terreno, segno della presenza di feriti tra i fuorilegge; si ritenne probabile che vi fossero almeno due morti tra gli assalitori. Le forze dell’ordine riportarono due feriti: il vice brigadiere Mariano Tuzzolino, che guidava una delle camionette, e il soldato Giuseppe Pieronalli, originario di Reggio Calabria.
I detenuti trasportati nelle camionette, nonostante l’attacco, non riuscirono a fuggire.