I segreti di Malaverra tra campi paramilitari, carbone, fuorilegge e la grotta del Nettu
Scritto dal Dott. Saverio Leone
12 agosto 2025
Ci siamo Immersi nella magia del Bosco di Malaverra, un luogo dove la natura incontaminata si intreccia con una storia ricca di mistero e panorami mozzafiato. Questa escursione, baciata dal sole siciliano, ci ha condotti alla scoperta di un patrimonio naturalistico e culturale di inestimabile valore, dove ogni passo rivela un pezzo dell'anima di questa terra.
Il percorso ci ha condotto alle affascinanti Grotta di Malaverra e Grotta del Netto. Un tempo, quest'ultima era un vero scrigno di meraviglie, adornata da innumerevoli stalattiti, purtroppo oggi sottratte da mani incoscienti. Queste montagne, silenziose testimoni del tempo, ricordano il monito tratto dal film "I Cento Passi" che ci spinge a riflettere sul potere della bellezza come antidoto alla rassegnazione e all'indifferenza. Percorrendo questi luoghi, si percepisce l'eco dell’ impegno civile di Peppino Impastato e si comprende il profondo legame tra questa terra e la sua lotta per la verità.
Qui si percepisce anche la presenza di un passato più oscuro, con le tracce di numerosi "boss" e fuorilegge che, nel secolo scorso, trovavano rifugio nelle grotte nascoste all'interno del bosco. Nella "piazzetta" del bosco, è quasi possibile rivivere la storia, immaginando le numerose tende dei campi paramilitari che, secondo varie cronache, si sono succeduti negli anni a cavallo del 1970. In quei mesi di settembre, in assenza della movida odierna, le notti erano animate dagli scherzi tra una tenda e l'altra e le serate trascorrevano giocando a carte a "Populu".
Lungo il nostro cammino, abbiamo ammirato la Vacca Cinisara, un'antica razza bovina autoctona, simbolo di resilienza e di un legame indissolubile con il territorio. Ogni passo ci ha rivelato un toponimo, una narrazione silenziosa che connette l'uomo all'anima di questa terra.
Durante una recente escursione, è quasi sembrato di scorgere, lungo il sentiero tracciato nel sottobosco, il passo lento ed affaticato dell'asinello del Signor Turi Malaverra, carico di legna e carbone. In diversi punti, l'aria porta ancora l'odore acre della carbonaia, con accanto la piccola casetta per proteggere il carbone dalle intemperie e le grandi cataste di legna tagliata. Abbiamo anche immaginato, osservando i segni sui frassini secolari, il bianco della candida manna che scivolava verso il basso, raccolta dalle pale di fico d'India.
Questo scenario ci riporta agli anni '60, quando il Signor Malaverra produceva carbone nel bosco e poi lo trasportava in paese. In quel periodo, la legna era essenziale per la cucina, per "fare le bottiglie" (preparare il sugo) e per i forni. Il lavoro di Turi Malaverra era fondamentale, non solo per il carbone, ma anche perché forniva legna a un falegname un certo signor Agrusa, che dal legno grezzo creava, tra l'altro, scale e trottole. Alcune di queste scale esistono ancora oggi e sono utilizzate dai contadini per la raccolta delle olive.