La scuola dei papà: è già suonata la campanella?
Per l’inserto satirico Compà, Vanessa Leone racconta il rapporto tra papà e scuola.
Scritto da Vanessa Leone
01 ottobre 2025
Dopo la disamina sulle madri in tempi di scuola, usciamo in ritardo con la profilazione dei padri. Non a caso, ci vien da dire. Arrivano dopo, ci arrivano dopo, stanno dopo.
La premessa che questa narrazione non vuole fare di tutta l'erba un fascio, è d'obbligo.
Ma per grandi linee, le cose vanno più o meno così: i papà della scuola sono pochi, ma quei pochi sanno fare rumore senza fiatare.
All'ingresso lanciano i bambini dalle macchine, guardandoli da lontano fino a quando figlio si gira in cerca di rassicurazione, quindi fanno il gesto con la mano per esortarli a procedere, mettono la prima e vanno via. Baci, abbracci e leccata di capelli sono roba da mamme, il papà ti manda come agnello in mezzo ai lupi, convinto che non solo tornerai lupo...ma addirittura capobranco.
All'uscita stanno in disparte, dietro alla calca, e per farsi vedere dal pargolo fanno un cenno con la testa sollevando il mento. Un papà non sbraccia, non si lancia nella folla per recuperare il figlio, non urla "Karoooool" per indicare la meta della bambina.
Lui sta. E non come d'autunno sugli alberi le foglie, ma come torre ferma che non crolla.
Il papà non si intrica, non si interessa, non chiede.
Ingresso e uscita vengono utilizzate per conversazioni sulla politica, sul prezzo dell'olio nuovo e sui risultati delle prime partite di campionato. Con altri papà, ovviamente!
Non sono nella chat, non hanno una chat, non fanno raccolte, non portano i bambini ai compleanni, non contrattano il prezzo della rosticceria per la merenda solidale. Non litigano, non discutono, non sudano. In pratica non si sporcano le mani.
Il papà, se nota nei dintorni un gruppo mamme che si confronta con liste e bustine piene di monete, controlla se ha contanti in tasca in caso glieli chiedano. E se osa chiedere se deve qualcosa, puntualmente si sente dire "no no, tranquillo, già ci ha pensato tua moglie".
All'uscita i bambini possono portare in spalla lo zaino di un altro, o il giubbino del compagno: i papà non se ne accorgono.
Lo scopriranno a casa, quando la mamma sgomenta vedrà che il giubbino identico per colore, marca e misura non è quello di suo figlio. Perché lei ci ha scritto il nome sull'etichetta sin dal primo giorno. Così come ha fatto su zaino, portamerenda, borraccia, e persino suo colori a matita: pastello per pastello!
Il bambino è convinto che "Davide" sia un brand, come Stabilo o Carioca.
Ad ogni modo il papà accoglie il figlio in macchina, al quale chiede come è andata e cosa ha fatto, per sentirsi rispondere "bene e niente", come succede con le mamme.
Ma a differenza delle genitrici, il papà risponde con un bravo che seda ogni stress del bambino. Non chiede se la maestra lo ha interrogato, se ha condiviso i biscotti con i compagni, se Kevin era assente, se c'era carta igienica in bagno, se ha litigato con Diego, se avevano tutti il grembiule.
Ci penserà la mamma a casa.
Ci scusiamo con quei papà che sono come le mamme, che addirittura diventano rappresentanti ma lo fanno in modo diverso: se tutto ciò non vi rappresenta, siete l'avanguardia, la dimostrazione che i tempi cambiano e ci cambiano, come società scolastica e come famiglia.
Buon anno scolastico a tutti i papà, alla loro presenza misurata che alleggerisce il clima tra i banchi e fuori dalle aule.